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    ..L'amore...

    george_85
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    Messaggio  george_85 Mar Gen 31, 2012 9:40 pm

    L’amore


    L’essenza della relazione tra uomo e il suo angelo custode, disse Sergei Bulgakov , è l’amore.
    Purtroppo il termine è diventato, con il suo uso frequente nel sentimentalismo, quasi inutilizzabile. Invocato da tutti gli angoli nelle più diverse circostanze, l’amore soccombe nella sua stessa sublimità.

    Dici amore e vedi un sorriso tenero sulle labbra delle persone, cadi preda di una sensibilità che si diffonde; si desume che sia stata detta una cosa molto bella, una cosa essenziale, un qualcosa di cui tutti quanti hanno un’idea molto chiara. La parola ha un tale prestigio che si può distaccare da analisi e definizioni. È quasi una bestemmia cercare di razionalizzare un qualcosa di così nobile, istintivamente sappiamo molto bene cos’è l’amore.


    Non esiste persona che non abbia mai amato in vita sua, la vita non ha nessun senso senza l’amore, ecc.
    La correlazione “ I love you / I love you too” - “Ti amo/ti amo anch’io” è arrivata nei film al valore di “come stai” .
    In realtà ci confrontiamo con uno dei più nebulosi concetti giornalieri. Sono pochi gli innamorati, per quanto possano essere ignari o atei, che non si ricordano subito nei momenti decisivi di Corinzi 13.


    “Corinzi 13
    1 Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo. 2 Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla.
    3 Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente.
    4 L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia 5 non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male 6 non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; 7 soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.
    8 L'amore non verrà mai meno. Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno; e la conoscenza verrà abolita; 9 poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo; 10 ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte, sarà abolito.
    11 Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino.
    12 Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto.
    13 Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l'amore.”


    La sfera dell’amore è così ampia per cui è quasi impossibile sistematizzarla, l’amore è anche l’affetto tra donna e uomo, tra genitori e figli, tra parenti, tra amici, esiste l’amore carnale più o meno colpevole, esiste l’amore spirituale, l’amore romantico. Ami il tuo lavoro, la tua casa, la tua quotidianità. Ami Dio. Nessuno può contestare l’esistenza o la legittimità di tutti questi amori. Però l’amore di cui si parla nella Scrittura è diverso, senza escludere nessuna delle sue versione quotidiane; è un altro tipo di amore, più complesso e meno frequente. Non è così diffuso, non viene sempre spontaneamente, perché è sopranaturale. Si distingue dall’altro in quanto è una formidabile esigenza, si costruisce arduo al limite dell’impossibile. L’amore su cui ci dirige la Scrittura è principalmente impossibile e senza motivazioni visibili.


    Cosa voglio dire? Per esempio è molto naturale vedere amore tra genitori e figli e viceversa, è naturale amare gli amici , la donna di cui ti sei innamorato, il maestro che ti ha formato, la professione che ti rende soddisfatto. Per tutte queste cose , ed anche per altre, hai sempre buone motivazioni razionali; l’altro amore, quella di tipo Scritturale, non ha questo tipo di ragioni, compare senza aver bisogno di argomenti palpabili, contrariamente a qualsiasi motivazione razionale. Dal mio punto di vista è così che l’amore diventa interessante, vero e consapevole.


    L’illustrazione classica dell’amore di cui sto parlando è, nell’ambiente cristiano, l’amore per il prossimo. In condizioni normali non hai nessuna ragione di innamorarti del tuo prossimo, lo percepisci nel migliore dei casi con una cortese indifferenza , come un Essere distante e estraneo. Ebbene, ti si chiede di entrare in una sintonia affettiva con questo straniero, ti si chiede di superare la neutralità della semplice socievolezza, ti si chiede di credere in lui come in te stesso, ”Ama il prossimo tuo come te stesso”. È molto più tortuoso di come sembra, anche se viene citato come un significato di fondo elementare della morale cristiana, in genere “come te stesso” viene capito come una forma di superlativo, si parte dal presupposto che ci amiamo tanto, e siamo invitati ad applicare lo stesso trattamento per il nostro prossimo.


    Ma ci amiamo veramente?


    In realtà, quando siamo da soli con noi stessi sappiamo bene di cosa siamo capaci, sappiamo bene i nostri peccati quanto pesano, quali sono le nostre penombre. L’unica differenza tra il giudizio verso se stessi e quello verso gli altri, è che il primo è accompagnato da una generosa indulgenza: conosciamo i nostri difetti, però sappiamo che, nonostante questi, siamo brave persone. La nostra vita è piena di slittamenti e di menzogne, piccolezze, vizi, pensieri di tutti calibri; tutto sommato sappiamo che non è tutto nero, e che siamo recuperabili, che dentro di noi c’è un buono spirito, ed un cuore pulito.


    In un primo istante l’amore per il prossimo non pretende da noi altro che guardare i difetti del prossimo con la stessa indulgenza, con la stessa complice comprensione con cui guardiamo i nostri difetti. Crediamo nel suo cuore buono, nel suo diritto alla compassione e al perdono. Però l’aforisma cristiano si presta ad una interpretazione simmetrica, dal punto di vista del prossimo: “non amare diversamente te del tuo prossimo” significa prendere un po’ di distanza dal tuo ego, essere un po’ meno incentrato su te stesso, rinunciare a piangersi addosso e riflettere ogni tanto su te stesso come rifletteresti su un altro. In poche parole, dopo che hai fatto lo sforzo di non amare il tuo prossimo meno di te stesso, prova adesso a non amare te stesso più di quanto ami il tuo prossimo. Le Scritture chiedono, oltre che di riconsiderare gli atteggiamenti quotidiani, di accettare una cosa molto più difficile.


    Non si parla, come è stato detto finora, di amare qualcuno che hai vere ragioni per amare, non si tratta di amare qualcuno che hai sempre guardato con indifferenza, ti si chiede né più e né meno di amare il tuo nemico.


    Questo è per la coscienza comune un qualcosa difficile di assimilare. Diciamolo chiaramente: è impossibile. Ma è proprio ciò che devi fare se vuoi avvicinarti all’altro amore, quello di cui parlano le Scritture. Come fai ad amare il tuo nemico per quello che è? Non siamo in una piena utopia? È in qualche modo un paradosso, quando sei circondato da odio eppure senti crescere dentro di te fiumi di amore .


    Per superare questa perplessità ho bisogno di avere tra me e il mio nemico uno spazio di conciliazione, distinto dalla nostra attorcigliata psicologia; mi devo basare su altro - non su di lui e neppure su me stesso - per poter estinguere la nostra inesauribile disputa. Come sopra detto, devo identificare una nuova dimensione nel nostro rapporto, una dimensione che comprende tutti e due. Se tra me e il mio nemico compare una terza persona, separata da noi, ma non estranea a noi, sotto la cui benevolenza ci possiamo incontrare, a quel punto la nostra relazione diventa plausibile. Questo “terzo” , questo manager della riconciliazione, delegato dalla sua natura a vegliare su di noi per non farci cadere in tentazioni distorte e ad insegnare a noi l’amore Divino è l’Angelo.


    Uno dei sui incarichi è proprio quello di portare tra gli uomini la pace; è al di sopra dei miei poteri contemplare serenamente il ritratto del mio nemico, ma se riesco a relazionarmi con il suo Angelo, con il suo Spirito Celeste, come mi relaziono con il mio, ci riappacifichiamo e, ognuno con le proprie carenze, partecipiamo alla stessa trasformazione. I nostri progetti esistenziali, i nostri esempi celesti, sono in proporzioni diverse insoddisfatti, e il nostro conflitto non fa altro che inasprire il fallimento. Però in questo fallimento comune possiamo trovare un inizio per avvicinarci, quello che la nostra natura umana separa, la nostra natura angelica avvicina; non puoi amare la smorfia del tuo nemico, ma puoi avere affetto per il viso angelico che lo protegge, e che contrariamente a te non può non amarlo. E in questa dedizione non condizionata si nota ancora di più l’amore Divino, impossibile e irrazionale.


    Nell’esoterismo Islamico si parla di tre tappe della via mistica, le quali in un certo senso sono i gradini dell’amore. Prima c’è il gradino della prudenza quotidiana, in cui si distingue chiaramente quello che è tuo da quello che è degli altri. Sul secondo gradino si crea una trasformazione , un’uscita da se stessi verso il prossimo “quello che è tuo è tuo, e quello che è mio è sempre tuo”; questo gradino si consuma nella chimica intima degli amanti, indipendentemente dall’essere ricambiati. Nel terzo gradino, la distinzione tra quello che è mio e quello che è tuo svanisce, tra i compagni nasce una perfetta uniformità, una fusione intensa, quasi una scomparsa del singolo. Constantin Noica aveva il suo modo di dire qualcosa di simile, sosteneva infatti la mediocrità del detto “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”; gli sembrava di un minimalismo sconvolgente, pensava si dovesse dire almeno “fai agli altri quello che piace a te” , che è più nobile, però la formula ideale sarebbe “fai all’altro quello che piace a lui “.


    Sia la versione islamica che quella nicosiana culminano con una perdita di identità, con un trasferirsi nell’altro. È una delle definizioni elementari dell’amore. Però la perdita di identità è solo la prima parte del suo movimento respiratorio, se tutto si ferma qui, se dopo “solve” non viene “coagulas” l’amore rimane una sorte di dissoluzione dell’essere, una sorte di possessione psichica. Il ciclo completo dell’amore comprende un secondo tempo, un ritrovarsi in una maniera migliore. Questa è il modello d’amore tra uomo e Angelo. Ti devi perdere nel tuo Angelo per poter scoprire il contorno personale della tua umanità, come l’Angelo si deve perdere un momento nella tua umanità, per poter tornare soddisfatto al suo splendore angelico.



    1 Sergei Bulgakov (1871-1944) prete ortodosso, genio multiforme e possente, si segnalò per la sua capacità di armonizzare un'acuta intelligenza e una grande capacità speculativa con una profonda vita spirituale e un tratto rispettoso e attento.
    «Le mie impressioni infantili – estetiche, morali, di vita quotidiana – sono legate alla vita del tempio di San Sergio, presso il quale sono nato. … Tutta questa vita ecclesiale, rituale, era incorniciata e connessa alla vita della natura. Era questo un “panteismo” cristiano infantile, una percezione sofianica della vita e del mondo … Eravamo nella natura, e la natura in noi. Essa ci appariva regale, quietamente e splendidamente portava all’anima la poesia, ne risvegliava i sogni». (S.N. Bulgakov, Avtobiograficeskie zametki. Posmertnoe izdanie [Note autobiografiche. Edizione postuma], Paris 1946, pp. 17.11)

    2 Constantin Noica (1909 – 1987) è stato un filosofo,saggista, scrittore e poeta romeno. Il suo interesse è per la filosofia in generale, dalla epistemologia alla filosofia della cultura, dall'assiologia e antropologia all'ontologia e logica, dalla storia della filosofia alla filosofia sistematica, dalla filosofia antica a quella contemporanea, passando dalla semplice traduzione e interpretazione alla critica e alla creazione
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    ..L'amore... Empty Veramente notevole

    Messaggio  Wallace Mar Gen 31, 2012 11:07 pm

    Bellissimo George, esponi tante verità di non facile comprensione. Molti penseranno che ciò che hai scritto è utopia pura, secondo la mia esperienza personale in questo tuo post ci sono molte chiavi per una vera evoluzione.
    Un abbraccio

    Wallace
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    ..L'amore... Empty Prezioso George!!!

    Messaggio  scribaClaudio Mer Feb 01, 2012 1:40 pm

    Caro George, grazie di questa vera colonna del forum spiritualità! La tua scrittura diritta al contenuto, asciutta come la tua figura fisica, offre molti spunti alla nostra aperta discussione, sul rapporto fra noi e le forme in cui il divino si manifesta ed accede finalmente alla nostra consapevolezza. Tante chiavi, come diceva Wallace, che vanno scovate leggendolo e rileggendolo più volte. La prima riga è una affermazione che nel seguire si chiarisce meglio. io personalmente ho individuato due punti che mi hanno attirato alla prima lettura. Sono questi: "" quello che la nostra natura umana separa, la nostra natura angelica avvicina "" e poi "" se dopo “solve” non viene “coagulas” l’amore rimane una sorte di dissoluzione dell’essere "". Nel primo vedo il doppio illuminante parallelismo fra l'io e la natura umana da un lato e il SE e la natura Angelica dall'altro. Cosa che mi porta a "vedere" il nostro Angelo custode, come la parte migliore di noi... ciò che, per ora, è quanto massimamente siamo in grado di comprendere e vivere di quella luce che abbiamo dentro. La seconda frase dai rimandi esoterici, la vedo come un sunto estremo del lavoro su se stessi che ognuno di noi è chiamato a fare se vuole conoscere se stesso, evolversi ed accedere a "nuovi orizzonti". Cioè io ci vedo la necessità di "solvere" (sciogliere) il nostro senso illusorio dell'io, sciogliere quella separazione che egli ci suggerisce esserci fra noi e gli altri... ma parimenti, dopo tale esercizio di "comunione col tutto", emerge la necessità (che poi è una legge dell'universo) di "coagulare" (far rapprendere/concretizzare) quanto appreso dal SE superiore... creare un nuovo "orizzonte più ampio e solo utile al fluire dell'energia d'amore, non quindi una nuova barriera", al centro del quale ci sia la nuova "nozione" di SE che deve essere "accettato" come "guida" del nostro agire da ora in poi. Questa "necessità" di amore che fluisce ovunque indisturbato in ogni recondito angolo del cosmo e lo vivifica, è espressa anche in altre culture e tradizioni. Mi viene in mente la "scelta" del Buddha di non tenere per se la strada della liberazione acquisita, ma di dedicare il resto della sua vita ad aiutare gli altri. Il che è come dire diffondere la sua luce, il suo amore, la sua compassione. Mi viene in mente la concezione indiana degli Avatara (le discese del divino che si incarna in forma umana per indicare ai viventi, la strada della liberazione dal ciclo delle rinascite!) in questa concezione, Dio ha la necessità per amore di attrarre a SE' le "anime", le particelle della sua stessa luce!. Ricordiamo che nel vangelo di Maddalena si dice: "L'UNO rimanda al molteplice e il molteplice rimanda invariabilmente all'UNO". Anche nella Bhagavad gita (il canto del beato), Arjiuna, l'arciere figlio di Indra, si avvia a combattere la sua battaglia (allegoria della vita) e il suo "auriga" di nome Krishna, si rivela essere un inviato di Dio, o meglio una incarnazione dell'Atman stesso! Se ne deduce che, la battaglia vincente nella vita si ottiene seguendo le indicazioni dell'auriga divino, che sta sullo stesso nostro carro di battaglia con noi!!! NOTEVOLE direi. Evidentemente l'esortazione "ama il prossimo tuo come te stesso" va intesa come amore compassionevole, cioè amore senza attaccamenti, senza riserve, senza confini... un amore che ha dissolto ogni residuo di possesso e di dipendenza da piacere e dolore. Una cosa molto difficile da realizzare, ma evidentemente non impossibile. E io aggiungerei, una cosa che non va forzata o rincorsa spasmodicamente, ma che deve "fiorire da Se".

    Per quanto riguarda le osservazioni di Constantin Noica, io mi permetto di dissentire in parte almeno. Potrebbe essere fuorviante e pericoloso affermare che: ""pensava si dovesse dire almeno “fai agli altri quello che piace a te” , che è più nobile, però la formula ideale sarebbe “fai all’altro quello che piace a lui “. "" infatti io credo che una simile esortazione se piomba nella mente di individui non abbastanza "avanti sul sentiero", possa essere male interpretata e dare adito ad imposizioni di comportamenti o libertà nei confronti del prossimo poco edificanti!!! Su tutti gli altri numerosi spunti che questo tuo bellissimo scritto ci suggerisce, mi riservo di meditarci ancora su e Te ne ringrazio. Sei prezioso George.

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